Il Quarto Stato: dove si trova e cosa rappresenta

Il quarto stato | Giuseppe Pellizza da Volpedo

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IL QUARTO STATO: DOVE SI TROVA E COSA RAPPRESENTA

Il Quarto Stato è il risultato di un lungo percorso compiuto da Giuseppe Pellizza da Volpedo, che per la prima volta nella storia dell’arte italiana rappresenta l’ascesa del movimento operaio nella vita sociale del Paese e lo fa come se fosse inevitabile.

L’opera è conservata presso il Museo del Novecento di Milano, che ti consiglio di vistare perché, come ho scritto nel post con tutte le informazioni per visitarlo, comprende alcuni dei capolavori più affascinati del Novecento.

Giuseppe Pellizza da Volpedo, esponente del movimento dei divisionisti, presenta Il Quarto Stato alla Quadriennale dei Torino del 1902.
L’opera in realtà si intitolava inizialmente Il cammino dei lavoratori, ma all’ultimo momento l’artista decise di cambiarlo in quello che oggi tutti conosciamo.

Il quarto stato | Giuseppe Pellizza da Volpedo

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Il Quarto Stato è il simbolo di un’epoca e di un’intera classe sociale

Cosa rappresenta il Quarto Stato

Il soggetto è uno sciopero, ma anziché descrivere una scena di scontri violenti, cosa che già altri artisti avevano rappresentato, Giuseppe Pellizza da Volpedo decide di mostrare la lenta sfilata dei lavoratori, che avanzano verso lo spettatore.

Per la prima volta nella storia dell’arte italiana, un artista sceglie di rappresentare l’ascesa del movimento operaio nella vita sociale del Paese e lo fa come se fosse inevitabile.
Per molti oggi può sembrare che questo dipinto sia retorico, in realtà non dobbiamo dimenticare che tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento la questione sociale era un tema con cui un artista si doveva (e voleva) misurare.
Erano anni di grandi cambiamenti e si stava affermando il principio di emancipazione del popolo, vista come la necessaria premessa per un futuro migliore.

Il Quarto Stato rappresenta un gruppo che avanza frontalmente, guidato da tre figure in primo piano: due uomini e una donna che tiene in braccio un bambino.
Giuseppe Pellizza da Volpedo studiò a lungo il posizionamento delle mani, dei piedi, la struttura delle ombre e l’orientamento delle teste fino a dare all’intera composizione la sensazione di un gruppo compatto e che procede verso chi guarda, che si sente parte attiva della scena.

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Il Quarto Stato: analisi

L’dea per quest’opera nacque nella mente di Giuseppe Pellizza da Volpedo diversi anni prima.
Inizia a lavorare al soggetto nel 1895, ma ci vorranno sei anni per concludere il lavoro e nel frattempo ci saranno altri due piccoli dipinti, molto simili a Il Quarto Stato e che possono essere considerati parte del lavoro di elaborazione dell’opera finale.
Si tratta di Ambasciatori della fame (1891-1892) e Fiumana (1895 -1896).

Nessun edificio è rappresentato sullo sfondo e questo isola in un momento ideale l’avvenimento, che diventa il simbolo del cammino dei lavoratori verso il futuro.
In realtà Giuseppe Pellizza da Volpedo annota nei suoi documenti un luogo preciso in cui collocare la scena, Piazza Castello a Volpedo (il paese in provincia di Alessandria in cui l’artista è nato).
Il punto di vista scelto da pittore è annotato minuziosamente e non cambia nel corso delle varie rielaborazioni del dipinto, nonostante non inserisca alcun elemento che permetta di identificare il luogo esatto solo osservando il dipinto.

A distanza di più di un secolo, ammirare Il Quarto Stato è sempre necessario, per non dimenticare che il diritto al lavoro è stata una conquista faticosa e non scontata, che ci fu un tempo in cui la società era divisa in classi sociali e non tutti avevano le stesse opportunità.
Quest’opera mi ricorda che c’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui gli artisti descrivevano la vita degli uomini e delle donne perchè non si cancellasse la memoria delle loro idee e dei loro ideali.

“Il Quarto Stato è un quadro sociale rappresentante il fatto più saliente dell’epoca nostra, l’avanzarsi fatale dei lavoratori” – Giuseppe Pellizza da Volpedo

Il quarto stato | Giuseppe Pellizza da Volpedo

Image source: Rai.it (dettaglio)

Il Quarto Stato dove è esposto

La tela fu acquistata nel 1920 dal Comune di Milano con una sottoscrizione pubblica.
Il Museo del Novecento di Milano in Piazza Duomo ha custodito ed esposto il Quarto Stato per molti anni.
Dopo non poche polemiche e qualche riflessione la tela è stata collocata presso la Galleria d’Arte Moderna (GAM), tra la sala dedicata a Giovanni Segantini e quella dedicata a Previati.

La nuova collocazione è stata progettata per rendere migliore la visione di quest’opera monumentale.

IL QUARTO STATO IN MOSTRA

Raramente il Quarto Stato viene concesso in prestito per una mostra.
Successe circa 14 anni fa per un prestito alle Scuderie del Quirinale ma ora è finalmente stata spostata da Milano ed è giunta a Firenze.
La tela dal 1° maggio al 30 giugno 2022 è stata esposta, gratuitamente, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze.

Non sono state poche le polemiche che hanno preceduto il viaggio della tela da Milano a Firenze.
Il Quarto Stato ha un legame forte con la città di Milano, che lo ha acquisito per 50mila lire nel 1920 grazie a una sottoscrizione popolare (cioè grazie ale donazioni dei cittadini) e conservato nella Sala della Balla del Castello Sforzesco.
Esposto dopo la Seconda Guerra Mondiale nella sala consiliare di Palazzo Marino, fu spostato prima alla Galleria di Arte Moderna nel 1980, per poi arrivare nel 2010 al Museo del Novecento.

La mostra di Milano è stato però l’occasione per ripensare alla sua collocazione: la nicchia dove era stato collocato al Museo del Novecento, sotto una scala a chiocciola e prima della collezione permanente, non era molto illuminata, e durante la permanenza a Firenze è stato allestito un ambiente adatto a custodire la tela.

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14 thoughts on “Il Quarto Stato: dove si trova e cosa rappresenta

  1. E’ veramente sorprendente trovare a commento di questo quadro una simile frase:
    “A distanza di più di un secolo, ammirare Il Quarto Stato è sempre necessario, per non dimenticare che il diritto al lavoro è stata una conquista faticosa e non scontata, che ci fu un tempo in cui la società era divisa in classi sociali e non tutti avevano le stesse opportunità”.
    Per chi ha scritto questo commento, sembra che una volta la società era divisa in classi, ma oggi no! Che una volta non tutti avevano le stesse opportunità, ma oggi sì!
    Beata ingenuità!

    • Sarò anche ingenua, ma non si può paragonare il XXI secolo (in cui viviamo) con l’inizio del ‘900.
      Il mondo e la società erano completamente diversi e non c’era speranza di diventare un medico, un avvocato, un libero professionista se nascevi in una famiglia di operai oppure di contadini.
      Le donne poi non potevano immaginare di lavorare, avere una famiglia e contemporaneamente seguire i propri sogni.
      No, non siamo più divisi in classi, perché ora un ragazzo magrebino di 17 anni può pensare di percorrere, con tutte le difficoltà e i pericoli, la strada che lo porterà in Europa e una volta arrivato può anche provare a studiare per diventare ciò che desidera.
      Certo, non è facile, certo rischia la vita, certo sarò discriminato.
      Oggi come ai primi del ‘900 la vita non è mai facile, ma almeno quel ragazzo può “sperare” ed è la speranza che il futuro possa cambiare e possa essere diverso a determinare il destino dell’uomo.
      Nel dipinto di Pelizza da Volpedo c’è la speranza di un popolo, fatto di uomini e donne e bambini, che tenta di prendere in mano la propria vita e il proprio futuro e lotta perché nessuno pensi o tenti di fare in modo che la vita di un essere umano sia già segnata.

  2. Un’opera stupenda sia per lo stile che per il suo profondo significato. Ricordo quando la vidi per la prima volta al Museo del Novecento, un effetto incredibile!

  3. Mio padre era macchinista in un idrovora e le idrovore erano situate in mezzo alle campagne bonificate. Nella parete dell’ingresso di casa mia, attaccata all’idrovora, campeggiava una riproduzione a grandezza naturale del quadro di Pelizza da Volpedo. Negli anni 50, quando io sono nato, i miei vicini di casa, erano gli stessi rappresentati nel quadro, ma 50 anni dopo. E non c’era differenza, erano ancora in marcia. E oggi, dopo altri 50 anni, ho l’impressione che quel popolo in marcia abbia perso di vista l’obiettivo e non conosca la speranza. Adesso il Pelizza dovrebbe sostituire quei contadini con i migranti africani….
    In ogni caso, quando guardo quel quadro, mi riconosco nelle mie radici e riesco sempre a emozionarmi.

    • Il mondo è cambiato, e tanto, da quando Pelizza da Volpedo dipinse l’opera. Io in quel popolo in marcia ci vedo tanti ragazzi che vanno all’estero per prendersi il loro posto nel mondo e che in Italia non trovano.
      Ci vedo tanti amici che lavorano a Londra o negli Stati Uniti, che sono partiti per realizzare i loro sogni e che la speranza non l’hanno persa, ma hanno capito che c’è un momento in cui devi alzarti e partire per migliorare questo mondo e la tua vita.

  4. Estou estudando este quadro para discutir com meus alunos as diferenças entre ele e os movimentos dos trabalhadores aqui no Brasil.

  5. E un quadro che esprime una necessita di unirsi in un cammino che sara sicuramente duro e pieno di ostacoli,
    Interessante e guardare lo sguardo dei personaggi che si confondono e si incrociano costruendo istante per istante un unico solo volto che prende come per magia tutto lo spazio della tela.

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