Giuditta che decapita Oloferne di Caravaggio

Giuditta decapita Oloferne | opere Caravaggio

Michelangelo Merisi detto Caravaggio (Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610) Giuditta decapita Oloferne, 1599 circa. Olio su tela, cm 145×195. Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini

GIUDITTA CHE DECAPITA OLOFERNE DI CARAVAGGIO

Giuditta che decapita Oloferne di Caravaggio è uno dei capolavori di Michelangelo Merisi e una delle opere più importanti del Seicento.
L’opera apparteneva al banchiere Ottavio Costa, uno dei personaggi più noti e facoltosi nella Roma di primo Seicento.

Ottavio Costa fu tanto fiero di possedere la Giuditta che decapita Oloferne di Caravaggio che proibì di venderla anche dopo la propria morte e scoraggiò la realizzazione di qualsiasi copia.
Ciononostante, la tela ebbe un enorme successo tra gli artisti del tempo e si impose prepotentemente come modello per la nuova iconografia della celebre eroina biblica.

Giuditta che decapita Oloferne di Caravaggio

Giuditta decapita Oloferne | opere Artemisia Gentileschi

Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli?, post 1654) Giuditta decapita Oloferne, 1612 circa. Olio su tela, cm 159×126. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

Giuditta che decapita Oloferne di Caravaggio fa parte della collezione di opere della Galleria di Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma.
Tra le opere di Caravaggio è probabilmente la più famosa ed è entrata, per la sua forza e la sua bellezza, nell’immaginario collettivo.

Tuttavia pochi sanno che il quadro, realizzato per il banchiere ligure Ottavio Costa, tra i più appassionati collezionisti di Caravaggio a Roma, ebbe una scarsissima visibilità nel Seicento, essendo tra le opere che Costa custodiva gelosamente, tanto che non se ne conoscono vere e proprie copie antiche.

La tela mette in scena un omicidio efferato.

Come narra il Libro di Giuditta, una coraggiosa vedova della città di Betulia, riuscì a salvare il popolo ebraico dalla tirannia degli Assiri decapitando il temibile generale Oloferne che, sedotto dal fascino dalla donna, si era addormentato ubriaco dopo un banchetto organizzato in suo onore.
La decapitazione di Oloferne viene rappresentata, da Caravaggio, come un dramma teatrale in cui gli spettatori siamo noi che osserviamo.

L’opera costituì un punto di svolta nell’immaginario collettivo del suo tempo poiché descriveva una vera e propria eroina. Un esempio di donna virtuosa nella Roma del Seicento.

La scena descritta in Giuditta che decapita Oloferne di Caravaggio è cruenta e si presenta quasi come la cronaca visiva di un omicidio perpetrato in diretta da una Giuditta bella ma letale.
Agli occhi dei contemporanei di Caravaggio l’immagine non poteva che apparire rivoluzionaria, a confronto con le precedenti versioni del tema, in cui la donna esibisce la testa di Oloferne, a sigillare il lieto fine di un’impresa conclusa.

La tela, eseguita nel 1599 da Caravaggio per il banchiere ligure Ottavio Costa, scomparso nel 1639, rimase a Roma fino a metà Ottocento, quando passò di proprietà, per poi entrare far parte, nel 1971, del patrimonio delle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma.

Gelosissimo dell’opera, il Costa ne proibì non solo l’alienazione, ma anche la riproduzione, motivo per cui non esistono copie seicentesche fedeli, una cosa rara nella storia della fortuna delle opere di Caravaggio.
Nonostante le cautele del proprietario, la rivoluzionaria composizione ideata dal Merisi riuscì comunque a circolare.

Giuditta decapita Oloferne | Louis Finson

Louis Finson (attribuito) (Bruges, ante 1580 – Amsterdam, 1617) Giuditta decapita Oloferne, post 1607. Olio su tela, cm 140×161. Collezione Intesa Sanpaolo

CURIOSITÀ SU GIUDITTA CHE DECAPITA OLOFERNE DI CARAVAGGIO

Caravaggio dipinse un’altra versione del tema di Giuditta che decapita Oloferne.
Si tratta di un’opera che fu messa in vendita a Napoli nel 1607 ma che, ad oggi, risulta scomparsa. Ne resta tuttavia memoria attraverso una tela attribuita a Luis Finson, che comunque poté conoscere Caravaggio e la sua opera già a Roma, dove risiedeva nel 1600.
Fu forse proprio la tela napoletana, non ancora identificata, a decretare la maggior fortuna dell’invenzione caravaggesca, che trovò a Napoli, tra gli altri, un interprete di grande eleganza in Filippo Vitale, ormai a quasi un trentennio dalla morte del Merisi.

Artemisia Gentileschi è forse la più originale e più appassionata interprete del capolavoro del Merisi, col quale tornò più volte a misurarsi, in una profonda e personale riflessione sulla concentrata, essenziale teatralità del tema di Giuditta e Oloferne. Nella tela di Capodimonte, dipinta probabilmente a Roma intorno al 1612, Artemisia mette in scena l’omicidio come aveva fatto Caravaggio ma inserendo una ferocia più cruda, forse oscura traccia visiva di un drammatico vissuto personale.

Giuditta decapita Oloferne | Filippo Vitale

Filippo Vitale (Napoli 1589 circa – 1650), Giuditta decapita Oloferne, post 1637. Olio su tela, cm 126×154. Montpellier Méditerranée Métropole, Musée Fabre

LA MOSTRA DEDICATA A GIUDITTA CHE DECAPITA OLOFERNE DI CARAVAGGIO

Le Gallerie Nazionali di Arte Antica hanno presentato dal 26 novembre 2021 al 27 marzo 2022 la mostra “Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento”, a cura di Maria Cristina Terzaghi.
L’esposizione, ospitata nello spazio mostre di Palazzo Barberini, ha acceso i riflettori sulla celebre tela di Caravaggio a settant’anni dalla sua riscoperta e a cinquanta dall’acquisizione da parte dello Stato Italiano.

Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento
26 novembre 2021 – 27 marzo 2022
Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini, Roma

Tra le più famose e acclamate opere del Merisi, grazie alla potenza della rappresentazione e alla forza emanata dai tre protagonisti, la Giuditta venne riscoperta nel 1951 da Pico Cellini, uno dei massimi restauratori del Novecento.

La mostra è stata accompagnata dal catalogo “Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta” edito da Officina Libraria, con un testo della curatrice, che approfondisce la storia della Giuditta caravaggesca e quella di Artemisia Gentileschi registrando le ricadute dei due capolavori nella pittura contemporanea.

COME FARE PER VEDERE L’OPERA

L’opera Giuditta che decapita Oloferne di Caravaggio è conservata ed esposta presso la Galleria di Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma.
Per prenotare il biglietto d’ingresso seleziona una data dal calendario.

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One thought on “Giuditta che decapita Oloferne di Caravaggio

  1. Hi!
    I think you do a great job making art exciting and understandable in an attractive way!
    If you wish and dare, we can do an “Off-Off-Broadway” with Caravaggio´s both Judith and Holofernes done in 1607. The Intesa Sanpaolo version and the Toulouse-New York are also made by Caravaggio. Finson has nothing to do with them as an artist. Mail me back if you like the idea. Caravaggio is no more a mystery. Just a conventional painter with an unconventional technique. 3-400 hundred years ahead of his colleagues. Although his practice has a price, he accepts and goes on. I am a great collector, a patron and with a life in art and design it wasn´t hard to get him nailed! The scholars cook the soup from the few remaining protocols spiced with Baglione, Bellori and Mancini. They all do great academic texts with references from colleagues who have written the same things before. Yet the solution was so easy to catch. Could they only have opened their eyes? Best regards, Erik

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