Opere e biglietti Musée Marmottan Monet

Musée Marmottan Monet | Musei Parigi

OPERE E BIGLIETTI MUSÉE MARMOTTAN MONET

Quali sono le opere e come prenotare i biglietti per il Musée Marmottan Monet?
Ecco un post per scoprire alcune delle opere più significative del maestro dell’Impressionismo custodite nel museo, che è il depositario della maggiore collezione al mondo di opere di Claude Monet.

Il museo ha come principale obiettivo quello di divulgare la conoscenza del lavoro di Monet in ambito internazionale e rappresenta un luogo unico e tutto da visitare.

Opere e biglietti Musée Marmottan Monet

Musée Marmottan | Monet

Musée Marmottan Monet

Nel 1932 Paul Marmottan (1856-1932) lascia per testamento le sue collezioni e il suo hôtel particulier, situato nel 16° arrondissement di Parigi, all’Académie des beaux-arts, che nel 1934 ne fa un museo.

Gli arredi e i quadri neoclassici costituiscono il primo fondo dell’istituzione parigina e illustrano la passione di Marmottan per l’arte del Primo Impero. Un’arte accademica che si oppone a quella degli impressionisti, interessata invece a trascrivere in pittura le sensazioni mediante rapidi tocchi abbozzati.
Eppure un aneddoto riunisce le due visioni estetiche.

Per stroncare la prima mostra di Monet e dei suoi amici presentata nel 1874 nello studio di Nadar, il giornalista Louis Leroy, in un articolo pubblicato dal quotidiano satirico “Le Charivari”, scrive di un allievo di Bertin sul punto di soffocare alla vista dei dipinti di Pissarro o di Degas, che riceve il colpo di grazia di fronte a “Impressione, levar del sole” (1872) di Monet, l’opera che dà quindi il nome all’impressionismo.
Alla fine però sarà Bertin, e non Monet, a scomparire nel nulla.

Un secolo dopo, la storia riunirà i pittori neoclassici e gli impressionisti nello stesso scrigno, facendo del Musée Marmottan Monet il depositario del primo fondo mondiale di opere di Monet in seguito al lascito del figlio minore e discendente diretto del pittore, Michel Monet. Più di cento opere vanno a integrare le collezioni dell’istituzione e il museo aggiunge quindi al suo il nome del maestro di Giverny.

BIGLIETTI MUSÉE MARMOTTAN MONET

Il Musée Marmottan Monet è il museo più bello per chi vuole osservare da vicino i capolavori di Monet e di altri impressionisti come Gauguin, Degas e Morisot.
Sono più di 100 le opere del maestro custodite in questo luogo, provenienti dalle collezioni di amici e parenti nel corso di molti anni, incluse le opere più famose come “Impressione, levar del sole” e le Ninfee.

Il museo è molto frequentato e la prenotazione è vivamente consigliata per evitare di fare lunghe file all’ingresso e magari non riuscire ad entrare.
Scegli una data dal calendario per visitare il museo 8il lunedì è chiuso).

Se desideri, invece, visitare il Musée Marmottan Monet con una guida che sappia selezionare le opere più importanti e rispondere a tutte le tue curiosità sul Museo e su Monet ti consiglio di prenotare una visita guidata.
E’ disponibile un tour per piccoli gruppi che ti offre l’opportunità di scoprire dettagli e aneddoti sulle opere e sulla vita di Monet.

OPERE MUSÉE MARMOTTAN MONET DA VEDERE

Ninfee (1916-1919 circa)

Claude Monet trascorre la vita intera immerso nel paesaggio.
Nel 1883 si trasferisce a Giverny dove trascorrerà il resto della sua vita e il suo giardino, che l’artista ricrea a partire da zero, è la fonte d’ispirazione finale della sua opera.

Monet dedica molte ore alla rappresentazione di tutte le sfaccettature del mondo vegetale che lo circonda e realizza un gran numero di quadri dipingendo dal vero, nel caso di opere di piccolo formato, o in studio per quelle più grandi.
Con il passare del tempo, fa del bacino con le ninfee il soggetto unico delle sue tele, eliminando dalle composizioni i margini dello stagno per privilegiare un unico dettaglio: l’acqua, i riflessi a specchio, le ninfee, fino alla realizzazione delle Grandes Décorations.

Monet | Ninfee

Claude Monet (1840-1926) Ninfee, 1916-1919 circa Olio su tela, 130×152 cm
Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966. Inv. 5098
© Musée Marmottan Monet, Paris / Images

Il ponte ferroviario di Argenteuil (1874)

Nell’Ottocento, lo sviluppo della rete ferroviaria e l’invenzione del colore in tubetto permettono ai pittori di viaggiare e dipingere all’aria aperta.
Questa nuova opportunità comporta però alcune limitazioni. L’artista deve portare con sé la propria attrezzatura, quindi predilige le tele di piccolo formato, più facili da trasportare. Inoltre deve dipingere alla svelta, per cogliere al volo ciò che vede.
Per questo le pennellate si fanno più rapide e la gamma dei colori impiegati, lavorando in pieno giorno, si fa più chiara.

Monet venne introdotto a questa pratica da Johan Barthold Jongkind (1819-1891) e da Eugène Boudin (1824-1898), viaggiando molto in giro per la Francia e recandosi all’estero per dipingere, tra l’altro, paesaggi e marine.
Durante le sessioni di pittura en plein air, talvolta si fa assistere da un aiutante.

Claude Monet | ponte ferroviario di Argenteuil

Claude Monet (1840-1926), Il ponte ferroviario di Argenteuil, 1874 Olio su tela, 14×23 cm. Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966. Inv. 5037
© Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images

Falesia e porta d’Amont. Effetto del mattino (1885)

Scegliendo di lasciare l’atelier per andare a dipingere dal vero, gli impressionisti infrangono la gerarchia dei generi pittorici.
Per loro, la sensazione prodotta da un paesaggio o dalle scene di vita moderna è senz’altro più importante del soggetto stesso.
Monet, maestro della pittura en plein air, dedicherà l’intera vita a cercare di cogliere le variazioni luminose e le impressioni cromatiche dei luoghi che osservava. Più che il soggetto, lo interessa il modo in cui viene trasfigurato dalla luce.

Per catturare la luminosità sempre mutevole, il pittore lavora in fretta, con pennellate che si susseguono rapidamente, inoltre non esita a visitare siti in cui si verificano a violenti cambiamenti climatici.
La costa normanna con i suoi magnifici tramonti, oppure la regione della Creuse, scoperta durante un soggiorno nel 1889, gli offrono la possibilità di ritrarre l’intensità luminosa in un ambiente naturale ancora selvaggio.

Claude Monet | Falesia e porta d’Amont.

Claude Monet (1840-1926), Falesia e porta d’Amont. Effetto del mattino 1885. Olio su tela, 50×61 cm. Parigi, Musée Marmottan Monet,
lascito Michel Monet, 1966. Inv. 5010. © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images

Il ponte di Charing Cross (1899-1901)

Nella carriera di Monet, Londra fu un vero e proprio laboratorio di sperimentazione.
I paesaggi spettrali generati dai fumi delle fabbriche e la foschia del Tamigi gli permisero di lavorare, come lui stesso disse, su ciò che in pittura era impossibile: la nebbia impalpabile che copre le architetture e la luce mutevole che sfiora la superficie dell’acqua.

Con le vedute del ponte di Charing Cross e del Parlamento, dipinte nel corso di vari soggiorni successivi, si apre per lui una nuova fase di ricerca, che si manifesta pienamente al ritorno a Giverny.

Claude Monet | Il ponte di Charing Cross

Claude Monet (1840-1926)
Il ponte di Charing Cross, 1899-1901 circa Olio su tela, 60×100 cm. Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966. Inv. 5101 © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images

Lo stagno delle ninfee (1917-1919 circa)

Dal 1914 fino alla sua morte avvenuta nel 1926, Monet esegue 125 pannelli di grandi dimensioni che hanno come soggetto il giardino d’acqua di Giverny.
Una selezione di queste opere, oggi nota come le Ninfee dell’Orangerie, il pittore la offre allo Stato francese.
Questi dipinti monumentali, realizzati direttamente nell’atelier, portano all’estremo la ricerca già iniziata con le Ninfee del 1903 e del 1907.

Raffigurando una piccola parte del suo stagno in un formato così grande, Monet non solo annulla ogni riferimento prospettico reale, ma propone di immergere l’osservatore in una distesa d’acqua che si fa specchio: le nuvole e le fronde dei salici si riflettono sulla superficie dello stagno, e il sopra e il sotto sono ormai indistinguibili.
Questi paesaggi senza inizio né fine invitano a un’esperienza contemplativa in cui la rappresentazione di un fiore o di un dettaglio della natura bastano a suggerirne l’immensità.

Claude Monet | Lo stagno delle ninfee

Claude Monet (1840-1926), Lo stagno delle ninfee, 1917-1919 circa. Olio su tela, 130×120 cm. Parigi, Musée Marmottan Monet,
lascito Michel Monet, 1966. Inv. 5165 © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images

Il ponte giapponese (1918-1924 circa)

Nel 1908 Monet si ammala di cataratta, una patologia che gli impedisce una visione limpida e compromette la sua percezione dei colori. Mentre il pittore lotta con questa progressiva cecità, la sua tavolozza si riduce e, lo notiamo nel ciclo del Ponte giapponese, è dominata dalle tonalità di marrone, rosso e giallo.
La sua pittura si fa più gestuale: sulle tele diventa visibile la mano che tiene il pennello. La forma svanisce lasciando il posto al movimento e al colore, e dalla rappresentazione si passa allo schizzo, via via sempre più indecifrabile.
Questi dipinti da cavalletto, che non hanno uguali nel percorso artistico di Monet, avranno una profonda influenza sui pittori astratti della seconda metà del Novecento.

Claude Monet | Il ponte giapponese

Claude Monet (1840-1926), Il ponte giapponese, 1918-1924 circa Olio su tela, 89×100 cm. Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966. Inv. 5094 © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images

Le rose (1925-1926 circa)

I fiori hanno accompagnato tutta la vita di Monet, sia nella sfera privata che in quella lavorativa.
Il giardino di Giverny, con piante che fioriscono in ogni stagione, è un omaggio dell’artista ai colori cangianti e alla natura effimera dei fiori e Le rose, dipinte nel 1926 all’età di 85 anni (lo stesso anno della sua morte), ne sono l’ultima celebrazione.
Il carattere incompiuto del dipinto accresce l’impressione di fragilità delle rose, i cui boccioli leggeri si stagliano delicatamente contro un cielo azzurro.
La composizione ritrae alcuni rami del roseto e ricorda le stampe giapponesi che il pittore collezionava con tanta passione.
Con Le rose, Monet rende omaggio alla natura che ha saputo raffigurare così bene, insieme alla fragilità e alla caducità di ciò che ci circonda.

Claude Monet | Le rose

Claude Monet (1840-1926) Le rose, 1925-1926 circa Olio su tela, 130×200 cm. Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966. Inv. 5096. © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images

Nel corso degli anni, l’Italia è diventata una delle destinazioni privilegiate per le opere di Monet e in particolare per quelle della collezione del Musée Marmottan Monet: da “Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet” (Roma, 2017) a “Monet. Dal Musée Marmottan Monet, Parigi” (Milano, 2021), il pubblico italiano ha potuto scoprire le opere di Monet in numerose occasioni.
L’ultima, in ordine di tempo, è “Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi” a Palazzo Ducale di Genova nel 2022.

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