Le opere di Anarkìkka: arte, attivismo e ironia – STUDI D’ARTISTA

20/06/2025
Autore: Caterina Stringhetta
Tag: Interviste

Prosegue il nostro viaggio negli studi degli artisti contemporanei italiani. Dopo aver visitato lo studio di Umberto Crosato, ci spostiamo nello studio di Anarkìkka.

Stefania Spanò, per tuttə Anarkìkka, è una di quelle voci che non si possono ignorare. Le sue vignette sono taglienti, ironiche, necessarie. Eppure dietro le sue opere c’è molto di più: una donna che ha fatto del disegno un linguaggio politico, personale e poetico.

In questa intervista, entriamo nel suo studio circondato da ulivi, dove le parole nascono prima delle immagini, e ogni segno diventa atto di resistenza.

Nel testo troverete l’uso dello schwa (ə), forma inclusiva che non uso abitualmente in questo sito ma che rispetto e riporto fedelmente, in accordo con la scelta dell’artista.

Anarkikka vignetta

STUDI D’ARTISTA

Viaggio in Italia alla scoperta degli artisti contemporanei

a cura di Laura Cappellazzo

Stefania Spanò, in arte Anarkìkka, è autrice, illustratrice, vignettista, attivista femminista. Vive tra Itri e Sperlonga, tra le colline e gli ulivi che scendono verso il mare, in provincia di Latina.

Tutti la conosciamo per il suo impegno politico, per le sue vignette dirette e puntuali che con uno stile asciutto e un linguaggio ironico e preciso, denunciano non solo la violenza contro le donne, ma anche come questa venga malamente raccontata dai media.

Oggi con Stefania Spanò però vogliamo approfondire il suo percorso artistico, che nel suo caso, è anche un percorso personale e sociale.

NELLO STUDIO DI ANARKÌKKA

Spanò, grazie per aver accettato di incontrarci e per farci entrare nel tuo studio. Partiamo proprio da qui: ci descrive il suo luogo di lavoro?

Il mio studio è bellissimo. Lavoro al piano terra di casa, una stanza indipendente che guarda sul giardino. Un terreno in realtà: 5000 mq di uliveto. Intono a me sento solo il rumore della natura.

Ci racconta com’è nato il suo rapporto con il disegno? Quando ha capito che sarebbe diventato una parte importante della sua vita?

Sono autodidatta, disegno da sempre, da quando ero piccola.

E si è poi ispirata a qualche artista?

No, nessunə in particolare, ma ho una attitudine al disegno grafico, asciutto, essenziale. E ai colori vivaci.

Durante la sua giornata lavorativa, ha un momento preferito per disegnare?

Riesco a concentrarmi molto più il pomeriggio e la sera. La mattina la dedico alle pratiche necessarie, tipo quelle casalinghe.

La personaggia di Anarkìkka, lo sappiamo, ha preso spunto da una fase di vita di sua figlia. L’ha subito creata come la vediamo? Ci racconta come è nata figurativamente, e com’è cresciuta?

Sì, l’ho immaginata da subito così, anche se le prime volte la disegnavo a matita, poi il digitale ha preso il sopravvento. È sicuramente cresciuta… e le ho “cancellato” un neo che aveva in fronte quando mia figlia Francesca l’ha dovuto togliere. Ma non credo se ne sia mai accortə nessunə!

Anarkikka vignettista

Lo stile sintetico e diretto che ha scelto, ha una motivazione?

È il modo in cui so disegnare e comunicare. Ma mi ritengo fortunata, perché è comunque il modo che avrei scelto e che preferisco anche quando lo ritrovo in altre persone.

Le sue vignette dosano immagine e linguaggio, ci racconta chi viene prima: il disegno o la parola?

La parola, quasi sempre. Le vignette necessitano della battuta, dell’ironia, del pensiero dietro l’immagine. Cosa diversa, invece, quando devo illustrare senza poter usare il testo: lì l’immagine diventa veicolo.

Quando ha capito che arte e attivismo sarebbero andati di pari passo?

Ho iniziato con uno spirito da attivista, che ha funzionato da subito. Cosa che mi ha sorpresa e dato tanto. Nel tempo poi la mia arte è diventata anche un lavoro, ma lo spirito è rimasto quello.

Quindi per lei, ha ancora senso fare arte oggi?

Sì, senza dubbio. È la comunicazione per eccellenza, che sia letteratura o arte figurativa. Arriva al cuore, arriva diretta, non ti consente di sottrarti, se non con mille capovolte se proprio rifiuti il contatto con l’anima.

Le nostre interviste terminano con una sorta di gioco: ci può accompagnare idealmente, nello studio di un artista a cui farebbe piacere ricevere la nostra visita? Chi ci vuole indicare?

Mi viene in mente Pat Carrà. Anche lei non più giovanissima, ma sempre sul pezzo, con uno stile che mi piace molto. Una delle poche altre vignettiste donna di questo Paese.

Post a cura di: Laura Cappellazzo

Laura Cappellazzo

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