Le opere di Francesco Tabbita tra segni, visioni e libertà – STUDI D’ARTISTA

23/05/2025
Autore: Caterina Stringhetta
Tag: Interviste

Prosegue il nostro viaggio negli studi degli artisti contemporanei italiani. Dopo aver visitato lo studio di Umberto Crosato, ci spostiamo a Codroipo, dove ci accoglie un artista dalla voce potente e fuori dagli schemi: Francesco Tabbita.

Pittore, incisore, scenografo, costruttore di mondi e immagini, Tabbita rifugge ogni etichetta. Parla per segni, visioni, lampi di pensiero. Le sue opere non vogliono spiegarsi, ma essere.

In questa intervista, realizzata da Laura Cappellazzo, ci racconta l’arte come libertà assoluta, gesto necessario e continuo atto di ricerca.

Francesco Tabbita opere

STUDI D’ARTISTA

Viaggio in Italia alla scoperta degli artisti contemporanei

a cura di Laura Cappellazzo

Codroipo (UD) sorge vicinissima al fiume Tagliamento, nel profondo Nordest. Si più dire che sia una piccola città che galleggia su delle vaste risorgive, che si possono ammirare passeggiando nel Parco ad esse dedicato. Codroipo, in antichità Quadruvium, è stata importante crocevia di fondamentali strade romane quali la Postumia e la Julia Augusta. Di là è passato Attila. Ma di là è passato anche Napoleone, che nella grandiosa Villa Manin, tutt’ora visitabile, ha firmato il famoso trattato di Campoformido.

Insomma, natura e storia si sono intrecciate lungo l’esistenza di questa cittadina ombrosa e discreta. E chissà se il maestro Tabbita lo sapeva, quando vi si è trasferito.

Francesco Tabbita è studioso, ricercatore nell’ambito artistico, pittore, incisore, scenografo, costumista teatrale, costruttore di macchine sceniche. Molte anime lo abitano, e con questa intervista cercheremo di farcene raccontare un po’.

NELLO STUDIO DI FRANCESCO TABBITA

Buongiorno maestro, e grazie per aver accettato di incontrarci. Partiamo dalle sue origini e dal luogo in cui abita ora.

Buongiorno a voi. Io sono. Siculo-Greco. Il paese dove abito ora purtroppo non ha prodotto in me alcuna influenza… paese vuoto… un dormitorio perenne senza attrattive alcune.

Tuttavia si percepisce un po’ di influenza friulana nelle sue risposte schiette e sintetiche…
Secondo la sua nota biografica, lei ha esplorato moltissimi mondi artistici. Ci può raccontare quando ha capito che l’arte sarebbe stata la sua vita? Come l’ha scoperta e come si è formato?

Ho scoperto l’arte a cinque anni, ma ho cominciato a 11 anni a perdermi con i colori e nelle linee. La consideravo fantascienza poter disegnare… Poi le consuete formazioni artistiche e Accademiche che mi sono valse a poco. Non riuscivo a digerire la politica, mi rifugiavo per disegnare in libertà.

Ci racconta qualcosa della sua particolare esperienza nel teatro?

Ho cominciato aprendo il sipario di questo occhio verso un’altra realtà, poi costruendo scene e alla fine creando bozzetti. Ma mi dà fastidio parlare del già fatto.

Ci può spiegare allora cosa significa quel “ricercatore nell’ambito artistico”? Perché la ricerca è così importante per lei?

Ogni giorno ricerco: nuove tecniche, nuove linee e colori. La ricerca delle forme e’ l’anima del disegno, dei colori la fantasia sfrenata di un momento.

Ho visitato una sua mostra, “Visioni”, esposta a Sacile (PN) nella chiesa di San Gregorio. Due aspetti mi hanno colpito. Cominciamo dal primo: chi entra è accolto da una frase che, vado a memoria, diceva “Non ci sono targhette esplicative sulle opere per esplicita volontà dell’artista”. L’ho trovata meravigliosa, perché apre l’opera alla completa e pura interpretazione dell’osservatore. Ci spiega questa scelta?

Non e’ una scelta: l’arte non e’ mia, e’ di tutti e per tutti…

Il secondo aspetto è stata la grande differenza tra le opere: alcune straripavano di colore e serenità, altre erano cupe, con scene che parevano richiamare alla guerra o comunque al tormento. Ce ne può parlare?

Sono pitture automatiche che rispecchiano il momento intimo, lo stato d’animo. E le posso assicurare che viene manifestato al momento della creazione.

Francesco Tabbita nella ex chiesa di San Gregorio a Sacile

Francesco Tabbita nella ex chiesa di San Gregorio a Sacile

Attualmente qual è la tecnica espressiva che predilige di più?

Tutte le tecniche mi trasportano, forse un po’ di più’ le chine.

Che senso ha per lei, fare arte oggi?

Essere se stessi e manifestarsi trasmettendo, senza  orpelli e fesserie ….Un po’ come scrivere: ci sono libri e libri. Io cerco di fare un buon libro con i segni.

Solitamente concludiamo le interviste con una specie di gioco: chiediamo all’intervistato di indicarci il nome di un’altra o di un altro artista che in questo momento ritiene interessante, da osservare o scoprire, così poi  cercheremo di intervistarlo. Come una specie di invito a entrare nello studio di un altro artista e lì, continuare la conversazione. Che nome ci propone lei?

Del presente nessuno, del passato parecchi. Ma questo lo trova sui libri, fonti di vita e benessere dell’anima.

Post a cura di: Laura Cappellazzo

Laura Cappellazzo

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