Il nudo nell’arte: bellezza ed erotismo nel Rinascimento

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IL NUDO NELL’ARTE: BELLEZZA ED EROTISMO NEL RINASCIMENTO

Come viene rappresentato il nudo nell’arte e come vengono descritti bellezza ed erotismo nel Rinascimento?
In questo post, scritto da Adele Pelazza, una panoramica sul valore e il significato del nudo nell’arte e soprattutto nel Rinascimento.

Il nudo nell’arte

img nudo nell'arte

LA BELLEZZA E L’EROTISMO NEI DIPINTI RINASCIMENTALI

Da sempre si sa che più un oggetto o un soggetto è vietato, più lo si desidera, e non solo oggi ma anche nei secoli passati, nel nostro caso sin dal Rinascimento.
L’erotismo, l’esaltazione dell’amore fisico è stato sempre malvisto sia da parte della Chiesa che dai puritani e talvolta perseguitato. Eppure in quei decenni ebbe un indubbio sviluppo, un certo fiorire, insieme ad una evidente materialità che contraddistinse l’epoca.
Fu un periodo in cui vi era una forte domanda di dipinti sensuali, di donne nude che, risaltavano per la loro integra bellezza, pose seducenti e provocanti.

È indubbio che l’immagine di una donna nuda possa rimandare a riflessioni erotiche, ma non vuol dire che un dipinto possa essere sempre considerato erotico: lo è soltanto se la sua condizione o situazione evoca un desiderio sessuale.

Già nell’antichità non stupisce che l’ideale della opulenza e della fertilità trovino espressione nelle cosiddette “Veneri Paleolitiche” raffiguranti donne con le caratteristiche sessuali molto pronunciate e ritrovate per la maggior parte in Europa.

IL NUDO NELL’ARTE TRA EROS, AMORE E SANITÀ DEL CORPO, ACCOMPAGNA LA STORIA DELL’UOMO DA SEMPRE.

Il celebre poeta Paul Valery, nel 1934, scriveva che “soltanto pochi anni fa il medico, il pittore e il frequentatore di case chiuse erano i soli mortali che conoscessero il nudo, secondo il suo caso”. E sulla questione è ancora più chiaro quando scrive che “il nudo non aveva che due significati nelle menti: talvolta il simbolo del bello, talvolta quello dell’osceno”.
Tutto ciò appare più chiaro alla luce dei messaggi pubblicitari, del controllo visivo dei media, che oggi nel nudo segnano appieno la comunicazione, per cui l’uomo e la donna, il maschio e la femmina, si ritrovano allo specchio.

Selfportrait | Robert Mapplethorpe

Robert Mapplethorpe – Autoritratto – 1975. Image source: www.fotocommunity.it

IL NUDO MASCHILE

Le ideologie di oggi sono quelle che si inseriscono nei corpi, li modulano, i cui comportamenti cambiano i contorni, le pose, i gesti.
Il nudo maschile si mantiene in una sorta di stereotipi. Basti osservare la fotografia d’arte, ad iniziare da Mapplethorpe, per evidenziarne le icone normative, gli stereotipi chiamati ideali, e rintracciarne l’essenza del maschio nella curva di un gluteo, nell’apertura di una spalla più o meno possente, nella linea rigida e flessuosa di un dorso, nelle cosce allungate o fasciate da muscoli vivi.

L’ideale greco della bellezza maschile che passa anche tramite Winckelmann, associava alle proporzioni fisiche asciutte e tornite la correttezza del portamento morale, si portava verso quel compiacimento omosessuale e profondamente narcisistico da cui era nato, messo maggiormente in luce nel secolo dei lumi. Ma il corpo e il suo nudo crescono entro i margini della sovrapposizione tra il bello e il conforme, tra il brutto e il difforme, grazie anche alla relatività a cui nulla sfugge.

IL NUDO FEMMINILE

Dal Rinascimento al modernismo il nudo femminile, dimostra che l’arte ha le sue origini, e viene sostenuta dall’energia erotica maschile”. Ma c’è di più: se Paul Valery rintraccia singolari attenzioni verso la “Venere d’Urbino” di Tiziano oggi collocata agli Uffizi. Dice: “Ben si avverte che per Tiziano, quando mette una Venere dalle carni purissime, mollemente raccolta sulla porpora nella pienezza della sua perfezione di dea e di cosa dipinta, dipingere fu accarezzare, unire due voluttà in un atto sublime, dove il possesso di se stessi e dei propri mezzi, e il possesso della bella con tutti i sensi, si fondono”.

Nell’Italia del Rinascimento il corpo sdraiato di una donna è già convenzione, altre culture europee fanno fatica a comprendere, come è da leggersi nei tentativi di Dürer, che con la sua curiosità e orrore arriva dopo molti cerchi e diagrammi a trasformare quel corpo maciullato in un nudo femminile.
Eros e amore danno agli artisti una misura diversa del nudo e meraviglia ancora oggi come il nudo femminile, sia divenuto in Italia e solo in Italia l’oggetto prescelto e convenzionale dell’arte, alla luce della riscoperta dell’antichità greca, che nel Cinquecento avrebbe potuto e dovuto adottare come ideale il corpo maschile.

L’idealità femminile che si fa spazio dall’antichità all’arte pittorica italiana porta il nudo a connaturarsi con il paesaggio idillico (vedi Giorgione) o gli interni lussuosi (vedi Tiziano). Committenze di famiglie e di corti  principesche, di dinastie, portano la rappresentazione femminile in Occidente a quel repertorio mitologico di richiamo erotico, con Giove padre di tutti gli dei che ingravida fanciulle e ninfe, e bellezze inermi, prone e supine.

Tiziano | Venere da Urbino

Tiziano, Venere da Urbino

IL NUDO NELL’ARTE

Nella moderna battaglia del nudo troviamo Manet e Picasso, antiaccademici. Di Manet, “Olympia“, presentato al Salon parigino del 1865 e che ebbe una pessima accoglienza. Il dipinto è iconograficamente legato al suo modello, la “Venere di Urbino” di Tiziano, del quale riprende molti elementi.
Olympia in realtà è il ritratto di una prostituta definita da qualcuno “una rossa del quartiere di Breda”; questa Olympia non è in atto di riposare, ma quasi in attesa di accogliere qualcuno, e appena nasconde con finto pudore il sesso su cui tiene la mano grassottella.
Da questo nudo non una visione ideale, ma vera, di chi vive nel contemporaneo.

Ma l’affondo più intrigante, che mette in ginocchio il nudo ideale è “Les Demoiselles d’Avignon” di Picasso, che impressionò non poco gli stessi amici dell’artista.
Sicché le Demoiselles mescolano elementi maschili e femminili, bianco e nero, aprono al nuovo mondo, quello dei “diversi”.

Picasso s’era già accorto che il punto rispettabile del nudo era nel rapporto modella-artista, nel suo essere voyeur, e difatti alcuni grandi pittori hanno ritratto la donna amata, cogliendola nuda, senza veli, oscena e madonna, erotica e idealizzante, ad iniziare dai nudi di Tiziano, dalla “Bethsabea al bagno” di Rembrandt con la sua pancia flaccida e la “Helene Fourment” di Rubens con la pellicola che le scivola via dalle spalle e le gambe un po’ divaricate, fino a Guttuso, a Grosz, Henry Moore, Richard Avedon, Man Ray e molti altri.

Gli artisti specie in questo secolo, hanno dato del nudo, maschile e femminile, una ostentazione al di là di ogni regola.
Muscoli maschili e curve femminili hanno ormai invaso il loro immaginario quotidiano.

Ma tornando a Tiziano, dalla lettura di alcune lettere risulta che noti personaggi negoziavano con l’artista una tela di una donna nuda. Stesso soggetto si accingeva a richiedere, sempre al Tiziano, il cardinale Farnese nel 1542.
Le sue Veneri, sembrano addirittura l’idealizzazione del corpo femminile, quasi una pornografia destinata all’élite.

Sorge così una domanda: dove si collocavano codeste tele, spesso grandi e ingombranti?
Alcune non erano eccessivamente voluminose, per cui potevano rivestire benissimo le pareti di una camera da letto, altre invece restavano senza cornice, arrotolate per essere aperte nel momento desiderato. Altre ancora venivano messe in piccoli ambienti in cui non entrava quasi nessuno, né confessore, né parenti, né amici.

 

Questo post è stato scritto da Adele Pelazza.

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4 thoughts on “Il nudo nell’arte: bellezza ed erotismo nel Rinascimento

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