Banksy e la Street Art a Bologna

 bansky | mostre Bologna

Banksy e la Street Art in mostra a Bologna

Street Art a Bologna. Quando sentiamo parlare di Street Art ormai pensiamo subito ad un gruppo di artisti che a partire dalla fine degli anni Sessanta del ‘900 hanno utilizzato la strada per dare vita a forme d’arte innovative, ma che ben presto grazie al web sono rappresentativi del periodo storico in cui viviamo.

Probabilmente tra cent’anni sui libri di storia dell’arte, nel periodo che va dalla fine del Nocevento all’inizio del Duemila, troveremo i nomi di Bansky, Dado e Rusty come componenti di una corrente artistica che prende il nome di Street Art.
A questa Bologna dedica una mostra presso le sale di Palazzo Pepoli dal 18 marzo al 26 giugno 2016 ed è subito polemica.

senza titolo | Sane Smith

Fare una mostra sulla Street Art a Bologna a me è sembrata subito un’ottima idea, ma non mi sarei mai immaginata che per realizzarla i curatori e l’ente promotore, Genus Bononiae, avrebbero prelevato le opere dai muri dei palazzi di Bologna.
Lo scandalo è stato immediato e non sono mancate reazioni violente e gesti eclatanti, come quello di BLU, che ha cancellato con una mano di vernice grigia tutte le opere che non potevano essere staccate perché troppo grandi e che riassumevano vent’anni del suo lavoro.

Il fenomeno del graffitismo urbano ha ormai guadagnato una sua importanza nel panorama della creatività contemporanea: le opere di artisti come Banksy hanno invaso le maggiori città del mondo, e dagli anni Ottanta a oggi la stessa Bologna si è affermata come punto di riferimento per molti artisti – da Cuoghi Corsello a Blu, passando per Dado e Rusty – che hanno scelto proprio Bologna per lasciare il loro segno sui muri.
Si tratta di artisti che stanno facendo la storia dell’arte adesso e dicono la loro su questioni molto delicate come ad esempio la guerra in Siria, oppure si affrontano a colpi di bomboletta spray perché hanno idee diverse sul ruolo che dovrebbe avere uno street artist.
Abbastanza famosa è la “guerra” tra Bansky e Robbo.

La mostra avrebbe dovuto raccontare questa forma d’arte nella sua evoluzione e spettacolarità, portando per la prima volta in Italia la collezione del pittore statunitense Martin Wong donata nel 1994 al Museo della Città di New York e che comprende i lavori dei più grandi graffiti writers e street artists statunitensi come Dondi White, Keith Haring, e Lady Pink.
Nella realtà si è trasformata in un atto di grave vandalismo, perché non tiene in considerazione il principio del diritto d’autore e dello sfruttamento commerciale delle opere senza il consenso dell’autore.

Con i soldi si può comprare un muro, ma non si può diventare padroni della creatività, esattamente come si può acquistare una foto ma non si può decidere di pubblicarla come copertina di un qualsiasi romanzo senza il consenso dell’autore, oppure non si può prendere una canzone e venderla senza pagarne i diritti.
La vicenda sui social è diventata virale, sarà avvincente continuare a seguirla e leggere le dichiarazioni ufficiali.

Io sto con BLU.

INFO
Street Art – Banksy & Co. L’arte allo stato urbano
Dal 18 marzo al 26 giugno 2016 – Palazzo Pepoli, Bologna

La mostra, sostenuta da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, e prodotta da Genus Bononiae. Musei nella città e Arthemisia Group, è curata da Luca Ciancabilla, Christian Omodeo e Sean Corcoran.

LINK
http://www.genusbononiae.it

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5 thoughts on “Banksy e la Street Art a Bologna

  1. grazie per il tuo articolo… mi chiedo quanto possan esser consapevoli gli organizzatori di cosa sia la street art e quali siano le intenzioni degli artisti. ho visto delle opere di Blu a modena, dove vivo, e ritengo l’inserimento del dipinto nel suo contesto urbano tutt’uno con l’opera. staccarlo significa snaturarlo.
    .l’essere effimero in quanto posto su edifici da abbattere o abbandonati fa parte della sua natura…
    l’intenzione di conservarla per i posteri mi pare l’autocompiacimento di “cultori” piuttosto che la buona intenzione di qualche ingenuo…e anche in questo caso, la strada per l’inferno rimane lastricata di buone intenzioni

    • Elisabetta, le buone intenzioni sbandierate dagli organizzatori sono povere di contenuto.
      Iniziare un dibattito sulla conservazione di quelle che sono delle opere a tutti gli effetti è giusto, ma appropriarsene è tutt’altra faccenda.
      Tanto più che le opere separate dal loro contesto sono state “restaurate”, ma essendo gli autori ancora vivi e vegeti avrebbero dovuto partecipare a questa operazione. Invece non sono stati neppure contattati.
      Credo che la mostra sia una scusa per appropriarsi di opere che hanno un valore economico.
      In questo c’è sicuramente lungimiranza, ma a che prezzo per la collettività e per il sacrosanto diritto d’autore?

      • La cosa che mi inquieta maggiormentel si tratta di una decisione presa non da un singolo, ma da un gruppo di personedel settore…a nessuno sono venute in mente queste tue giustissime riflessionii???mah

        • Purtroppo, Elisabetta, i curatori della mostra ci hanno pensato e anche bene a tutte le questioni sul diritto d’autore, sullo sradicamento delle opere dal loro contesto e di tutte le implicazioni.
          La risposta è stata questa “Rispetto al diritto d’autore, non me ne frega niente. Se espongo un’opera, perché considero che serva a portare avanti un discorso o a generare un dibattito lo faccio”.
          La frase l’ho estrapolata da un’intervista rilasciata da Christian Omodeo, uno dei curatori della mostra.
          L’intervista si trova su Artribune (questo è il link: http://www.artribune.com/2016/01/bologna-street-art-mostra-polemica/ )

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