Musei e social al tempo del Covid-19

MUSEI E SOCIAL AL TEMPO DEL COVID-19

I Musei e social al tempo del Covid-19, questo è stato il tema del primo appuntamento di Art Community Lab, il laboratorio delle idee che ho voluto organizzare nonostante il nonostante il lockdown.

Non è facile riassumere un evento che si è svolto online, con circa 50 partecipanti che si sono confrontati per due ore su un tema caldo di questi tempi come musei e social al tempo del Covid-19.

Ecco cosa è successo 🙂

Musei e social al tempo del Covid-19: criticità e buone pratiche.

L’idea iniziale era quella di riunire i professionisti del settore dell’arte in un museo del Veneto per confrontarsi e riflettere sul mondo dell’arte, sul lavoro che svolgono musei e istituzioni culturali, creare relazioni e condividere professionalità.
L’emergenza sanitaria, però, ha sospeso tutto ma ha anche creato l’opportunità di realizzare l’incontro online e di trasformarlo in un momento di riflessione sul delicatissimo momento che il mondo dell’arte sta vivendo.

Ci siamo incontrati il 29 maggio alle ore 15.00 sulla piattaforma di Microsoft Teams.
Eravamo circa cinquanta, da tutta Italia, e la relatrice dell’incontro è stata Nicolette Mandarano: storica dell’arte, esperta in comunicazione digitale del Patrimonio culturale, Digital media curator per le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Palazzo Barberini e Galleria Corsini, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone e presso la Scuola di Specializzazione in Beni storico-artistici della Sapienza.

Il tema era: I musei e la comunicazione social al tempo del Covid-19: criticità e buone pratiche

Una tematica di grande attualità perchè nello spazio di pochi mesi il mondo dell’arte ha subito un cambiamento che nessuno poteva immaginare.
I musei, le gallerie e le istituzioni culturali sono passate, nello spazio di pochi giorni, da una situazione in cui i visitatori e il pubblico poteva liberamente assembrarsi per fruire dell’arte, a uno scenario in cui i luoghi di cultura sono stati chiusi e si sono ritrovati con le sale completamente vuote.

Una situazione imprevedibile e dalle conseguenze ancora poco chiare!

L’arte e soprattutto i musei sono passati dall’assembramento delle sale a quello della rete, perchè sui social sono iniziati a circolare una quantità tale di contenuti da creare, forse, troppo rumore.
Le istituzioni culturali sono passate dalla riflessione, che durava da anni, sulla necessità di raccontare la cultura sui social al doverlo fare per necessità e forse, un po’, per paura di sparire.

Di fronte a questa produzione esagerata di contenuti che ha invaso i sociale e il web la prima domanda da farsi è: per un museo o un’istituzione culturale basta aprire un profilo social e iniziare a pubblicare qualcosa per affermare che si sta comunicando?
Evidentemente no.

La comunicazione social è un processo lungo ed elaborato e le istituzioni culturali devono comunicare, ma comprendendo prima come poterlo fare bene.

Sono stati i dati forniti da Nicolette Mandarano, alcuni disponibili online, a farci entrare nel vivo della questione.
Il rapporto del gennaio 2020 di We are social ci fornisce una fotografia aggiornata delll’uso dei social ed emerge chiaramente che un’istituzione culturale non può non essere presente online se, solo in Italia, ci sono 49milioni di accessi alla rete e 35milioni di accessi di profili attivi sui social.
Questi dati indicano che una buona parte della popolazione usa i canali social, per informarsi, per divertimento, per passare il tempo, e le istituzioni culturali non possono più fare a meno di essere presenti.

Recente è anche l’analisi sull’uso dei social da parte musei italiani realizzata dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali, che ha analizzato 470 musei statali italiani.
Il rapporto evidenzia come negli anni, dal 2017 al 2020, c’è stato un aumento dell’uso dei social da parte dei musei, con il 70% delle istituzioni che ha almeno un account.
Tra le istituzioni culturali, inoltre, il 76% ha un account Facebook e il 45% ha un account Instragram.

Inoltre, è stata fatta una valutazione dei musei e social al tempo del Covid-19 e in particolare è stato analizzato il numero medio dei post pubblicati ed è stato rilevato che sono aumentati per quanto riguarda i profili dei musei.
Il paragone è stato fatto tra il periodo gennaio-febbraio 2020 e il periodo marzo-aprile 2020, e si nota un raddoppio dei post pubblicati sia su Facebook sia su Twitter e Instragram.

Questi sono i dati, ma come vengono usate le piattaforme e come ciascun museo comunica?

Questa domanda prevede una risposta articolata e diversa per ogni istituzione, pertanto durante l’incontro ci siamo concentrati sulle “buone pratiche”, ovvero su quelle istituzioni che sono stati un eccellenza, in tempo di Covid, nel creare una comunicazione efficace e che ha generato valore.

Il primo caso è quello del Museo Egizio di Torino e dell’iniziativa delle “Passeggiate del Direttore”, che sono state realizzate nell’ambito di una scelta precisa del museo: non pubblicare contenuti tutti i giorni, come faceva prima, ma pubblicare sui social solo due giorni a settimana.
La direzione ha ritenuto che il lockdown fosse un momento di riflessione e che fosse necessario comunicare di meno e non di più.
Rispetto alle scelte fatte da altri musei, questa è stata una scelta in controtendenza, fatta però aver riflettuto su cosa e come comunicare in un momento tanto particolare per tutti.

Il secondo caso, citato come “buona pratica”, è quella della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo che ha creato “Radio GAMeC”, una piattaforma in streaming strutturata come una Radio e che ogni giorno, alle 11.30, in diretta dalla pagina Instragram del museo dava notizie e approfondimenti non solo sul museo, l’arte e la cultura ma anche sulla società e su quanto stava succedendo a Bergamo nei giorni del lockdown.
Si è trattato di un’operazione molto interessante e un invito alla riflessione rivolto a tutti, ma proveniente da un territorio particolarmente colpito dalla pandemia.

Questi sono solo due esempi che ci fanno riflettere sulla necessità di pianificare la comunicazione di un’istituzione culturale.
La programmazione della comunicazione deve tener conto della storia di una collezione e della mission di un luogo di cultura, ma anche dei tempi che stiamo vivendo e delle esigenze dei visitatori.

Le domande e la discussione che è scaturita dai dati e dagli esempi citati hanno posto l’attenzione su una questione primaria: non c’è differenza tra visitatori reali e digitali, entrambi hanno lo stesso diritto ad avere accesso alla conoscenza delle collezioni e degli artisti.
Un tema quello dell’Arte e della Comunicazione che già nel 2018 era emerso nell’intervista che avevo fatto alla responsabile marketing del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.
Non importa che i visitatori possano o meno recarsi in visita fisicamente per ammirare le opere dal vivo. I social non servono per portare più visitatori ma per generare discussioni e diffondere la conoscenza. Tutto il resto viene di conseguenza.

Il contatto attraverso i canali digitali deve mettere chiunque nella condizione di conoscere, capire, interrogare e condividere.
Questo è il senso dello stare sui social, questa è la grande opportunità per l’arte!

Le potenzialità della comunicazione digitale per il settore culturale sono enormi, bisogna però avere la volontà di pianificare e di investire risorse economiche, ma soprattutto umane, per fare in modo che l’arte possa raggiungere i suoi visitatori.

In questo post ho fatto un breve riassunto di questo primo Art Community Lab.
Il prossimo appuntamento è fissato per l’autunno.
Il tema è ancora segreto ma vi terrò aggiornati sui social e soprattutto nelle prossime Newsletter.

 

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