Grattage: quando l’arte nasce raschiando la superficie
Hai mai provato a grattare via il colore da una superficie solo per vedere cosa c’è sotto? Non per errore, non per rimediare… ma come gesto creativo?
Se la risposta è no, preparati a cambiare idea.
In questo post ti spiego il grattage, una tecnica affascinante, ribelle e un po’ selvaggia, che ha segnato il surrealismo e continua a ispirare artisti e sperimentatori.

Max Ernst, la Foresta
Grattage: quando l’arte nasce raschiando la superficie
Il mio primo incontro con il grattage è stato davanti a una tela che sembrava scavata con le unghie. Letteralmente. E no, non era un atto vandalico: era arte. Quella che scava, che raschia, che non si accontenta della superficie.
Il grattage (dal francese gratter, “grattare”) è una tecnica pittorica in cui si stende uno strato di colore sulla tela o su un supporto, per poi asportarne una parte con strumenti vari: spatole, raschietti, pettini, oggetti di uso comune o anche… le unghie.
Il risultato? Immagini che emergono per sottrazione, superfici che raccontano storie segrete, texture accidentate e profondamente espressive.
Il grattage è una tecnica che non aggiunge, ma toglie.
In un mondo che spesso grida “di più, di più!”, il grattage ha il coraggio di dire “meno, ma meglio”.
Il grattage secondo Max Ernst
Se osserviamo un’opera realizzata con la tecnica del grattage non possiamo non pensare a Max Ernst, l’artista che trasformava ogni gesto in un viaggio dentro l’inconscio.
Dopo aver “inventato” il frottage, Ernst comincia a trasportare le stesse logiche nel campo della pittura. Con il grattage, non si limita più a sfregare una matita su una superficie, ma comincia a grattare il colore fresco direttamente dalla tela, facendo emergere forme che sembrano nate da sole.
Le sue opere diventano visioni stratificate, in cui il caso si intreccia con il gesto, e il risultato è sempre sospeso tra sogno e materia.
Frottage vs Grattage: le differenze
A prima vista potrebbero sembrare due tecniche sorelle, e in un certo senso lo sono, ma se vuoi davvero capirle, devi guardarle da vicino. Infatti, sono affini nello spirito, ma profondamente diverse nel gesto e nel risultato.
Il frottage è una pratica grafica, che si realizza sfregando una matita o un pastello su un foglio appoggiato a una superficie ruvida, come il legno o una moneta. In questo modo si ottengono immagini per contatto, che riproducono fedelmente (ma mai in modo banale) le texture sottostanti. È una tecnica “gentile”, quasi meditativa, che invita a osservare ciò che già esiste e a lasciarlo emergere.
Il grattage, invece, è una tecnica pittorica che si basa sulla sottrazione. Dopo aver steso uno o più strati di colore sulla tela, l’artista comincia a grattare la superficie con spatole, pettini o altri strumenti. L’immagine non viene trasferita da una matrice esterna, ma nasce dal gesto fisico del rimuovere il colore, creando effetti visivi più drammatici, profondi, spesso imprevedibili.
Il frottage parte dal reale per suggerire l’invisibile. Il grattage affonda nel colore per rivelare quello che non c’era. Due tecniche diverse, ma accomunate dal desiderio di superare il controllo razionale, aprendo le porte all’intuizione, al caso e alla meraviglia.
Artisti che hanno usato il grattage
Oltre a Max Ernst, anche altri artisti hanno sperimentato questa tecnica, ciascuno con uno stile personale:
Joan Miró: ha usato il grattage per creare texture ricche e stratificate nelle sue opere surreali e simboliche.
Jean Dubuffet: nei suoi esperimenti materici, spesso grattava via il colore per creare superfici vibranti e disturbanti.
Jean Fautrier e l’Art Brut: hanno ereditato dal grattage il desiderio di rompere con le convenzioni della pittura classica.
Oggi il grattage è usato anche in arte digitale e mixed media, come tecnica per creare profondità visiva.
Vuoi provare anche tu?
Sì, lo puoi fare e non hai bisogno di uno studio professionale.
Occorrente:
Una superficie (tela, cartoncino rigido)
Colori acrilici o a olio (meglio se densi)
Strumenti per grattare: spatola, cucchiaino, pettine, cartoncino rigido… o qualsiasi oggetto con una forma interessante
Come procedere:
Stendi uno o più strati di colore.
Prima che si asciughi del tutto, inizia a grattare la superficie con il tuo strumento.
Lascia emergere forme, linee, paesaggi o astratti. Il bello è che non devi controllare tutto.
Guarda, ascolta, interpreta. Come con le nuvole.
Vuoi un suggerimento? Puoi combinare il grattage al frottage per risultati ancora più sorprendenti. Lo faceva anche Ernst!

Giovanni Guida, Apotheosis grattage, 2014
Perché il grattage affascina ancora oggi?
Perché il grattage ci mette in relazione diretta con la materia.
È una tecnica fisica, istintiva, che ci costringe a lasciare il controllo e affidarci al gesto.
In un’epoca in cui tutto è levigato e digitale, il grattage ci riporta al corpo, al tatto, alla resistenza della superficie e ci ricorda che anche togliendo qualcosa, si può creare bellezza.
Il grattage è molto più di una tecnica: è un modo di guardare il mondo. È l’arte del togliere per rivelare, del graffiare per vedere oltre. È una pratica che parla di profondità, di strati nascosti, di immagini che aspettano solo un gesto per venire alla luce.
Se ti ha incuriosito, prova. Anche solo su un cartoncino e con una spatola da cucina.
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In questo blog non ti spiego la storia dell’arte, ma racconto le storie di cui parla l’arte