Artemisia Gentileschi opere: le più importanti e dove vederle

Susanna e i vecchioni | Artemisia Gentileschi dettaglio

ARTEMISIA GENTILESCHI OPERE: LE PIÙ IMPORTANTI E DOVE VEDERLE

Artemisia Gentileschi opere da conoscere e da vedere assolutamente, per comprendere la vera grandezza di un’artista unica nel panorama artistico del Cinquecento.

Le opere di Artemisia Gentileschi sono intense e rispecchiano la personalità di una donna che è riuscita a farsi strada con la forza del suo talento, in un mondo dominato prevalentemente dagli uomini.
Nel Seicento, infatti, per una donna non era affatto scontato lavorare e diventare un artista importante. lei c’è riuscita e dopo secoli siamo ancora qui ad ammirare i suoi capolavori.
In questo post puoi scoprire le sue opere più belle e dove trovarle. 

Artemisia Gentileschi opere

Susanna e i Vecchioni (1610)

Artemisia Gentileschi | Susanna e i vecchioni

Artemisia Gentileschi Susanna e i vecchioni.

Questa è la prima opera in cui Artemisia Gentileschi mette in pratica gli insegnamenti del padre, dipingendo con un’attenzione particolare all’anatomia e all’uso delle luci e delle ombre per esaltare i volumi.
L’opera fa parte della collezione Graf von Schönborn, Pommersfelden.

Giuditta che decapita Oloferne (1612 – 1613)

Artemisia Gentileschi | Giuditta decapita Oloferne

Giuditta che decapita Oloferne.

L’opera è stata dipinta subito dopo il processo in cui Artemisia Gentileschi accusava l’artista Agostino Tassi di violenza sessuale.

La vicinanza cronologica con questa vicenda fa credere a molti studiosi che la violenza del dipinto sia frutto dei sentimenti che animavano l’artista in quel periodo, che nonostante dovesse difendersi pubblicamente riuscì a realizzare un dipinto realistico, usando il colore per accentuare il concitato momento della decapitazione.
L’opera è conservata presso il Museo Nazionale di Capodimone a Napoli.

Giuditta con la sua ancella (1618-1619 circa)

Artemisia Gentileschi | Giuditta e la fantesca Abra

Artemisia Gentileschi Giuditta e la sua ancella.

Il dipinto fu realizzato durante il soggiorno a Firenze dell’artista e le due donne rappresentate sono illuminate da una luce che sembra provenire da una candela, che dona un tono drammatico alla scena.

Artemisia Gentileschi ritmo sulla vicenda di Giuditta e Oloferne e descrive il momento in cui  le donne stanno portando via la testa del nemico, nascosta in un cesto, ma sembrano spaventate da qualcosa o da qualcuno.
L’opera si trova presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze.

LEGGI ANCHE – Palazzo Pitti Firenze: biglietti, opere da vedere e come arrivare al Palazzo

Conversione della Maddalena (1615 e il 1616)

Artemisia Gentileschi | La conversione della Maddalena

Artemisia Gentileschi La conversione della Maddalena.

Il tema scelto è ancora tutto femminile e Artemisia, in quest’opera, si misura con la storia di Maria Maddalena, l’unica discepola donna di Gesù ma con un passato chiacchierato dato che era stata una prostituta.

L’abito è ricco e di un color oro molto acceso e che dona al dipinto un aspetto nobile de elegante, a differenza di altre rappresentazioni dello stesso soggetto in cui Maria Maddalena era rappresentata in modo sensuale.
L’opera si trova presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze.

Giuditta e la sua ancella (1625-27)

Artemisia Gentileschi | Giuditta e la sua ancella

Giuditta e la sua ancella

Giuditta e Oloferne è il tema biblico che Artemisia ha trattato più spesso nei suoi dipinti. Ha descritto sia la decapitazione di Oloferne sia la fuga di Giuditta e della sua ancella, come in questo caso.
Quest’opera è stata realizzata a Roma, dove Artemisia vide i dipinti dei pittori del Nord Europa che erano arrivati in Italia e dipingevano seguendo lo stile di Caravaggio.
Evidentemente ‘artista fu colpita dalla rappresentazione delle scene notturne, tipico delle opere nordiche, in cui la luce proviene solo da una candela e rende la scena ancora più drammatica.

Non si può non pensare, osservando questo dipinto, alle opere di Gerrit van Honthorst, noto anche con il nome di Gerardo delle Notti, che fu il rappresentante principale della pittura a lume di candela.
L’opera è conservata presso il Detroit Institute of Arts.

Autoritratto come allegoria della pittura (1638-1639)

Artemisia Gentileschi | autoritratto

Autoritratto come allegoria della Pittura (1638-1639)

In questo autoritratto Artemisia si descrive come una che indossa una lunga catena d’oro con un medaglione in forma di maschera, i capelli non sono in ordine e nelle sue mani ci sono gli strumenti del suo lavoro: un pennello e la tavolozza.
Il dipinto si trova presso Kensington Palace a Londra.

LEGGI ANCHE – Artemisia Gentileschi e il suo tempo

Condividi su

4 thoughts on “Artemisia Gentileschi opere: le più importanti e dove vederle

  1. Da sempre nutro una particolare ammirazione per questa artista intensa ispirata passionale completa che ha reagito al suo stupro con un coraggio inaudito per l’epoca
    Chapeau!!!

    • Era una donna estremamente moderna e forte. Ci voleva un coraggio da leoni per denunciare quello che ha subito ma soprattutto per sopportare le voci e i pettegolezzi che la volevano una ragazza che “se l’è cercata”. Inoltre ha saputo lottare per essere indipendente e libera, anche economicamente, da tutti gli uomini che la volevano uniformare al modello dell’epoca. Credo sia veramente un modello per tutte le donne di oggi!

  2. Heic Artemisia (Gentileschi)

    Nacque la prima di sei
    e Artemisia nom le fu dato,
    tra stilemi poi venne il suo fato
    e molt’omin non fur pari a lei.

    Tra i color fu che mosse i suoi passi
    per, col padre, nell’Urbe approdar,
    coi pennelli iniziò a cimentar
    il talento scoperto dal Tassi.

    Il genitore orgoglioso l’avviò
    alla guida del pittor talentuoso,
    di “prospettiva” pur essendo virtuoso
    il suo corpo a violar non tardò.

    Lo “smargiasso” in via della Croce
    Artemisia stuprò con la forza,
    lo compiacquero Quorli e pur Tuzia
    che alla giovin sottrassero voce.

    Oltre a violenza che costretta subì
    pur sevizie e processo umiliante,
    ma version mai smentì nonostante;
    licenziosi sonetti eppur scherno patì.

    L’allor Napoli, a Parigi soltanto seconda,
    accolse l’artista finché non perì;
    si pensa che fu perchè peste colpì
    quella terra ch’avea sua traccia profonda.

    In vita e pur’anche da morta violata,
    sulla misera lapide due pure parole:
    “Heic Artemisia”; sol pianta da prole!
    Per secoli all’oblio quasi condannata.

    Nei suoi quadri l’indelebile forza,
    vivi e decisi i colori a volerne,
    come in Giuditta che decapita Oloferne,
    mentre al collo mortal colpo sferza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *