Giulio Aristide Sartorio: il pittore del Poema della vita umana

31/07/2025
Autore: Caterina Stringhetta
Tag: Simbolismo

C’è un artista che, con pennellate simboliche e visioni grandiose, ha saputo trasformare la pittura in mito. Si chiama Giulio Aristide Sartorio, e no, non è un nome che si incontra tutti i giorni sui social, ma se ami l’arte italiana del primo Novecento, devi assolutamente conoscerlo.

Giulio Aristide Sartorio Le Tenebre

Giulio Aristide Sartorio: Le Tenebre, 1907, Tecnica mista su tela, 515 × 646 cm. Venezia, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna

Chi era Giulio Aristide Sartorio

Nato a Roma nel 1860, Giulio Aristide Sartorio fu un personaggio eclettico, pittore ma anche intellettuale, regista e insegnante. Frequentava il Caffè Greco, crocevia di idee e visioni, e fu tra i protagonisti del Simbolismo italiano, aderendo all’associazione “In Arte Libertas”.
Fin da giovane dimostrò un talento straordinario e una passione per la pittura colta, mitologica, carica di simboli e allegorie.

Sartorio non si accontentava della tela: voleva raccontare l’intero universo umano attraverso l’arte.

Sartorio e la Biennale di Venezia

Non tutti sanno che Giulio Aristide Sartorio fu presente già alla prima edizione della Biennale di Venezia, nel 1895. E non solo: ne divenne un partecipante assiduo e un importante collaboratore.
La Biennale era, ed è ancora oggi, un palcoscenico internazionale perfetto per chi desidera parlare al mondo con l’arte.

Nel 1906, su proposta del segretario generale Antonio Fradeletto, Sartorio riceve un incarico monumentale: illustrare il Poema della vita umana per l’Esposizione Internazionale del 1907.
È l’occasione della vita.

Il Poema della vita umana: arte e mito in 230 metri quadrati

Sartorio si mette all’opera e ha solo nove mesi di tempo per dipingere quattordici grandi scene per il Salone centrale della Biennale. Un’impresa titanica che decide di intraprendere utilizzando una tecnica rapida ma efficace, a base di cera, acquaragia e olio di papavero, confermata di recente dalle analisi scientifiche condotte dall’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Il risultato? Un capolavoro.

Il ciclo decorativo è una potente allegoria dell’esistenza umana, raccontata attraverso quattro scene principali – La Luce, Le Tenebre, L’Amore, La Morte – alternate a dieci teleri verticali.
Le figure si muovono, danzano, si contorcono, soprattutto nelle scene più drammatiche come quelle delle Tenebre e della Morte, dove tutto si fa rotante, simbolico, eterno.

Tra Eros e Himeros, il buono e il cattivo amore, Sartorio costruisce una narrazione simbolica che mette in dialogo il mondo mediterraneo con la cultura nordica, creando una sintesi unica nel suo genere.
Non a caso, anche Gabriele d’Annunzio approvò l’impianto iconografico dell’opera. I due, del resto, si muovevano negli stessi ambienti, tra sogni decadenti e passioni mitologiche.

L’opera fu inaugurata con grande successo nel 1907, e restò visibile anche nell’edizione successiva della Biennale. Poi, nel 1909, Vittorio Emanuele III la donò alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia e quindi trovò casa a Ca’ Pesaro. Ma la storia non finisce qui.

Tra il 2018 e il 2019 il ciclo è stato sottoposto a un importante restauro conservativo, durante il quale è stata raccolta una preziosa documentazione scientifica. Grazie a documenti d’archivio e a opere esposte alle Biennali coeve, è stato possibile ricostruire il contesto storico e artistico in cui Sartorio operava.

Oggi, l’intero ciclo è nuovamente visibile, accompagnato da un apparato informativo ricchissimo. Una vera e propria immersione nella pittura simbolista italiana.

Le altre opere di Giulio Aristide Sartorio: tra pittura storica e cinema d’autore

Oltre al celebre Poema della vita umana, Giulio Aristide Sartorio ha realizzato numerose opere che meritano di essere riscoperte.
Tra i suoi lavori più noti spiccano i pannelli decorativi per il Palazzo del Viminale a Roma, in cui fonde lo spirito allegorico con un forte senso civico e patriottico. Non va dimenticata la sua straordinaria partecipazione all’Esposizione Internazionale di Roma del 1911, dove presentò il ciclo pittorico dedicato alla Storia dell’umanità attraverso le civiltà del Mediterraneo, dimostrando una capacità narrativa pari a quella di un regista.

Proprio al cinema Sartorio si avvicina negli stessi anni, realizzando nel 1910 il film muto “Il mistero di Galatea”, una pellicola visionaria e raffinata che anticipa molte suggestioni del cinema simbolista.
Anche nella produzione più pittorica, come “La Sirena” o “Diana d’Efeso” e “gli schiavi”, l’artista mescola sensualità e mito con uno stile elegante e teatrale, capace di affascinare ancora oggi.
Le sue figure, spesso allungate e immerse in paesaggi ideali, sembrano venire da un tempo sospeso, in cui l’arte si fa linguaggio dell’anima.

Giulio Aristide Sartorio Alba sul Tevere a Fiumicino

Giulio Aristide Sartorio: Alba sul Tevere, 1914, pastelli a colori, mm 564 × 760

Perché oggi Sartorio è ancora attuale

Perché ci parla della vita, della morte, dell’amore e del mistero dell’esistenza e lo fa con uno stile che affascina ancora oggi.
In un’epoca dominata da immagini veloci e fugaci, Giulio Aristide Sartorio ci obbliga a fermarci, a guardare con attenzione, a riflettere e forse, anche a sognare.

Hai mai visto dal vivo le opere di Sartorio? Scrivimelo nei commenti! E se questo articolo ti è piaciuto, condividilo: l’arte è ancora più bella se la si guarda insieme.

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