Konstantinos Kavafis – tra storia e mito

Henri Alexandre Georges Regnault (1843-1871) – “Automedonte con i cavalli di Achille”
Quando videro Patroclo ucciso,
lui, così valido e forte e giovane,
cominciarono a piangere i cavalli di Achille:
la natura loro immortale s’adirava
per quell’opera della morte che vedevano.
Scuotevano la testa e le lunghe criniere agitavano,
la terra calcando con gli zoccoli, e piangevano
Patroclo: lo vedevano estinto – senza vita –
una misera carne vuota – lo spirito suo svanito –
indifeso – senza più soffio in petto –
nel gran Nulla ripiombato dalla vita.
Le lacrime vide Zeus degli immortali
cavalli e ne soffrì. “Alle nozze di Pèleo”
disse “fui ben leggero:
molto meglio non aver fatto dono di voi, cavalli miei
sfortunati! Che avevate a che fare
con le tristezze umane, trastullo della sorte?
Voi, che né morte governa né vecchiaia,
domano invece precarie sventure: tra le loro miserie
vi irretirono gli uomini”. Ma le loro lacrime
per l’eterna sciagura della morte
piangevano le due bestie di nobile stirpe.
K. KAVAFIS, “I cavalli di Achille”

Fidia e collaboratori “Head of a horse from Selene’s chariot/Testa di un cavallo del carro della Luna” – Parthenon east pediment/Frontone orientale del Partenone (c. 447 – 433 a.C.) pentelic marble British Museum London
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